Mi rendo conto che una gran parte della mia vita è conseguenza diretta di uno sceneggiato del 1975. Da lì viene la decennale militanza in amnesty international, la scelta per il servizio civile e la sensibilità politica in area radicale. Da lì, indirettamente, l’aver conosciuto la mia compagna, i miei amici e miei soci. Io cosa faccio vedere a mia figlia?
Ogni volta che leggo delle difficoltà che passa Yoani Sanchez (il blog è qui e prima ancora qui) per pubblicare i suoi post mi sento imbarazzato: vorrei avere qualcosa di grande e di importante da dire per sfruttare la mia assoluta libertà.
Sono stato a Cuba diversi anni fa e ho avuto la fortuna di vederla non solo da turista grazie ad un amico italiano che ne aveva fatto la sua seconda casa. So che quello che Yoani scrive è sempre vero, è drammaticamente vero: ricordo ancora la ragazza conosciuta al mercato che ha percorso 10 chilometri a piedi, sfidando il divieto a muoversi tra le zone diverse in cui è divisa l’Avana, per venire all’hotel dove alloggiavamo solo perché mia moglie le aveva promesso lo zainetto del nostro modesto tour operator.
E ricordo anche la serata alla gelateria Coppelia – allora riservata ai soli cubani ora non so – in cui ero entrato corrompendo un poliziotto con un dollaro per mangiare mezzo chilo di gelato cioccolato e vaniglia cattivo come quello di un hard discount ad un prezzo di 2 centesimi di euro attuali. Ricordo bene le famiglie che ne mangiavano una pallina e mettevano il resto nel thermos che si erano portate da casa.
Ecco di fronte alle difficoltà di Yoani vorrei che mi venisse qualcosa di profondo.